Il giusto rilancio di Industria (Impresa) 4.0 nel programma del governo chiama in causa la fantasia e la competenza dei neo ministri pentastellati allo Sviluppo economico (Stefano Patuanelli), all’Innovazione tecnologica (Paola Pisano) e all’Istruzione (Lorenzo Fieramonte) sotto la sorveglianza del ministro all’Economia, Roberto Gualtieri. Nella luce della proclamata “discontinuità” governativa, il disegno del programma coraggiosamente lanciato dall’ex ministro Carlo Calenda potrebbe essere migliorato, mantenendo la scelta di fondo di preferire incentivi orizzontali semi-automatici all’antica e fallimentare concezione dei bandi a concorso e schemi di programmazione settoriale.

Serve una politica industriale fatta non solo di (pur irrinunciabili) interventi di salvataggio e tavoli di crisi, ma anche catalizzatrice di energie disperse nel tessuto iper-frammentato delle piccole e micro-imprese, così da neutralizzare gli svantaggi del nanismo imprenditoriale che rallenta la crescita della produttività. In un mondo crescentemente popolato da imprese rivali aggressive, spesso potentemente sostenute da governi nazionali ambiziosi e spregiudicati, per sopravvivere con successo non c’è alternativa a un esasperato inseguimento di miglioramenti tecnologici e organizzativi come fattore di competitività. L’ultimo “Monitor dei settori ad alta tecnologia” del Servizio studi di Intesa Sanpaolo rileva che nell’ultimo decennio le quasi 13mila imprese sotto osservazione hanno registrato una crescita del fatturato e una performance reddituale superiore alla media delle imprese meno orientate all’innovazione tecnologica.